L’economia “Nature-Positive”: strategie concrete e innovazioni per le imprese italiane oltre il Net-Zero

🌍 Abbiamo superato sei dei nove confini planetari, quei processi che regolano la stabilità del nostro sistema Terra. La crisi ecologica eguaglia per importanza quella climatica, mettendo a rischio la stabilità stessa dell’economia mondiale. Non è un’affermazione da attivisti, ma un dato di fatto supportato dalla finanza: il World Economic Forum stima che oltre la metà del PIL mondiale, circa 44 trilioni di dollari, dipenda in modo diretto o indiretto dalla natura e dai suoi servizi. La perdita di biodiversità non è più solo una questione etica, ma uno dei maggiori rischi sistemici per il business nel prossimo decennio.

Ecco perché dobbiamo alzare l’asticella. Dobbiamo evolvere dal concetto di “non fare danni” a quello di “fare del bene”. Dobbiamo passare da un’economia che mira alla neutralità a una che persegue un obiettivo più ambizioso e rigenerativo: diventare “Nature-Positive”. Questo non è un semplice slogan, ma un cambio di paradigma definito e misurabile: arrestare e invertire la perdita di natura entro il 2030, per poi avviare un pieno recupero degli ecosistemi entro il 2050. Per le imprese italiane, culla di ingegno e di un patrimonio naturale unico al mondo, questa non è solo una sfida, ma la più grande opportunità di innovazione e competitività del XXI secolo.

Il Contesto Globale e Normativo: Non Più Opzioni, Ma Obblighi

Il passaggio a un’economia Nature-Positive non è un’aspirazione volontaria, ma un percorso sempre più definito da accordi globali e normative vincolanti. Le aziende che ignorano questa transizione non rischiano solo di perdere un vantaggio competitivo, ma di trovarsi presto fuori mercato. 💡

Il primo pilastro di questa nuova architettura globale è il Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework (GBF), adottato a fine 2022. Spesso definito “l’Accordo di Parigi per la Natura”, il GBF stabilisce una roadmap chiara con 4 obiettivi globali per il 2050 e 23 target da raggiungere entro il 2030. Tra questi, spicca il “Target 30×30”, che impegna i paesi a proteggere e conservare efficacemente almeno il 30% delle terre e dei mari del pianeta. Inoltre, il framework chiede di ridurre di almeno 500 miliardi di dollari all’anno i sussidi dannosi per la natura e di mobilitare 200 miliardi di dollari all’anno da fonti pubbliche e private per la biodiversità.

A livello europeo, questo impegno si è tradotto in una legislazione potente e senza precedenti: la Nature Restoration Law. Entrata in vigore nell’agosto del 2024, questa legge non è una semplice direttiva, ma un regolamento immediatamente applicabile che impone agli Stati membri obiettivi giuridicamente vincolanti. L’Italia, come gli altri Paesi UE, dovrà ripristinare il buono stato di salute di almeno il 30% degli habitat considerati in cattive condizioni entro il 2030, per poi salire al 60% entro il 2040 e al 90% entro il 2050. Questo include ecosistemi agricoli, foreste, fiumi – con l’obiettivo di ripristinare almeno 25.000 km di fiumi a scorrimento libero – e persino gli spazi verdi urbani. Ogni Stato membro dovrà presentare un Piano Nazionale di Ripristino entro settembre 2026, dettagliando le misure concrete per raggiungere questi traguardi.

Questo quadro normativo crea un mercato della rigenerazione, dove le aziende che offrono soluzioni, tecnologie e competenze per il ripristino ecologico avranno un vantaggio incolmabile. Ignorare questa realtà significa esporsi a rischi normativi, legali e operativi sempre più concreti.

Dalla Rendicontazione del Carbonio alla Trasparenza sulla Natura: Il Ruolo della TNFD

Se il GBF e la Nature Restoration Law definiscono “cosa” fare, la Taskforce on Nature-related Financial Disclosures (TNFD) definisce “come” misurarlo e comunicarlo. Sviluppata sul modello della TCFD per il clima, la TNFD ha rilasciato le sue raccomandazioni finali nel settembre 2023, fornendo un framework globale per le aziende e le istituzioni finanziarie per identificare, valutare, gestire e rendicontare i propri rischi, impatti, dipendenze e opportunità legati alla natura.

Il framework si articola su quattro pilastri: Governance, Strategia, Gestione del Rischio e dell’Impatto, e Metriche e Target. Chiede alle aziende di andare oltre una visione generica di “impatto ambientale” e di analizzare in modo specifico dove le loro operazioni e le loro catene del valore interagiscono con ecosistemi sensibili. Questo significa mappare le proprie attività, comprendere la dipendenza da servizi ecosistemici come l’impollinazione, la purificazione dell’acqua o la fertilità del suolo, e valutare i rischi finanziari derivanti dal loro degrado.

L’adozione della TNFD sta rapidamente diventando un requisito non scritto per accedere ai capitali. Gli investitori, sempre più consapevoli che la perdita di natura è una minaccia materiale per i loro portafogli, utilizzano questi dati per distinguere le aziende resilienti e proattive da quelle esposte a rischi nascosti. Le aziende che integrano le raccomandazioni TNFD nella loro strategia non solo migliorano la loro gestione del rischio, ma si posizionano come leader trasparenti e affidabili, capaci di attrarre investimenti “nature-positive”.

Strategie Concrete per le Imprese Italiane: Un Percorso in 5 Passi

Abbracciare l’economia Nature-Positive non richiede di stravolgere il proprio modello di business da un giorno all’altro, ma di intraprendere un percorso strategico e integrato. Ecco cinque aree d’azione prioritarie per le imprese italiane.

  1. Valutare e Mappare (Assess & Map): Il primo passo è la conoscenza. Utilizzando il framework LEAP (Locate, Evaluate, Assess, Prepare) della TNFD, le aziende devono mappare le loro operazioni e catene del valore per identificare le interfacce con la natura. Dove si trovano i nostri stabilimenti e fornitori? Quali ecosistemi sono presenti in quelle aree? Quali servizi ecosistemici sono vitali per la nostra produzione? Strumenti innovativi, che combinano dati satellitari e intelligenza artificiale, possono oggi supportare questa analisi in modo rapido e scientificamente robusto.
  2. Integrare l’Economia Circolare per la Biodiversità: L’Italia è un leader europeo nell’economia circolare, con un tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo quasi doppio rispetto alla media UE. Tuttavia, questo vantaggio non si è ancora tradotto in una protezione efficace della biodiversità. È cruciale connettere questi due mondi. Adottare pratiche di economia circolare – come l’eliminazione di rifiuti e inquinamento, il riuso dei materiali e la rigenerazione dei sistemi naturali – riduce direttamente le pressioni sugli ecosistemi. Ad esempio, un’agricoltura rigenerativa che riduce l’uso di pesticidi e fertilizzanti sintetici non solo migliora la salute del suolo, ma protegge gli impollinatori e la qualità dell’acqua.
  3. Investire in Soluzioni Basate sulla Natura (Nature-Based Solutions – NBS): Le NBS sono azioni che proteggono, gestiscono in modo sostenibile e ripristinano gli ecosistemi per affrontare sfide sociali, generando al contempo benefici per il benessere umano e la biodiversità. Per un’impresa, questo può tradursi in molteplici interventi: ripristinare zone umide per migliorare la gestione delle acque e ridurre i rischi di alluvioni, creare tetti e pareti verdi per migliorare l’efficienza energetica e creare habitat per gli impollinatori, o investire in progetti di riforestazione per sequestrare carbonio e migliorare la qualità dell’aria. Queste soluzioni sono spesso più convenienti e resilienti delle tradizionali infrastrutture “grigie”.
  4. Collaborare e Creare Valore Condiviso: La transizione Nature-Positive non può essere un’impresa solitaria. È fondamentale creare alleanze tra settore pubblico e privato. In Italia, stanno nascendo iniziative come il Nature Positive Network, che riunisce già oltre 20 grandi aziende italiane per promuovere azioni concrete di ripristino, specialmente nel distretto del fiume Po. Collaborare con enti locali, università, ONG e altre imprese della propria filiera permette di sviluppare progetti su larga scala, con impatti misurabili e significativi, capaci di generare valore ecologico, sociale ed economico.
  5. Innovare Prodotti e Modelli di Business: La vera trasformazione avviene quando la sostenibilità diventa il motore dell’innovazione. Questo significa sviluppare prodotti che abbiano un impatto netto positivo sulla natura, creare nuovi modelli di business basati sulla rigenerazione (come i “biodiversity credits” o i pagamenti per servizi ecosistemici) e comunicare in modo trasparente e credibile il proprio impegno. Aziende come 3Bee, che sviluppano tecnologie per il monitoraggio della biodiversità, o Alce Nero, che promuove un’agricoltura biologica che rigenera il suolo, sono esempi di come il modello Nature-Positive possa diventare il cuore della proposta di valore.

I Benefici Economici della Transizione: Un Investimento Altamente Redditizio

Investire nella natura non è filantropia. È una delle strategie economiche più intelligenti che un’azienda possa adottare oggi. I dati sono inequivocabili. Secondo stime recenti della Commissione Europea e della Fondazione Sviluppo Sostenibile, ogni euro investito nel ripristino della natura genera un ritorno economico che varia dai 4 ai 38 euro. Al contrario, l’inazione ha costi esorbitanti: si stima che il continuo degrado degli ecosistemi costerebbe all’Italia 2,2 miliardi di euro all’anno, cifra che sale a 57 miliardi a livello comunitario.

A livello globale, l’implementazione di politiche Nature-Positive potrebbe creare 395 milioni di posti di lavoro e generare circa 10 trilioni di dollari di nuovo valore aziendale ogni anno entro il 2030. Questi benefici derivano da una maggiore resilienza delle catene di fornitura, dall’accesso a nuovi mercati, da una migliore reputazione del marchio, da un più facile accesso a capitali e finanziamenti, e dalla capacità di attrarre e trattenere i migliori talenti, sempre più attenti ai valori aziendali.

Le Sfide per l’Italia e il Ruolo delle PMI

Il percorso non è privo di ostacoli. L’Italia, pur essendo uno dei paesi con la maggiore biodiversità in Europa, è anche un territorio fragile, dove 58 ecosistemi sono considerati a rischio. Il consumo di suolo, sebbene in lieve calo, continua a distruggere habitat a un ritmo allarmante, e solo il 47% dei fiumi e dei laghi presenta uno stato ecologico buono. Inoltre, sebbene la consapevolezza delle grandi aziende stia crescendo, solo l’8% di esse ha già adottato un piano di transizione per la biodiversità.

Una sfida particolare riguarda le Piccole e Medie Imprese (PMI), che costituiscono la spina dorsale del nostro sistema produttivo. Per loro, la transizione può apparire complessa e costosa. È qui che il ruolo delle istituzioni, delle associazioni di categoria e delle grandi aziende capofila diventa cruciale. È necessario creare strumenti di supporto, semplificare l’accesso ai finanziamenti (come quelli del PNRR destinati alla transizione ecologica), fornire formazione e condividere le migliori pratiche. Le PMI non devono essere lasciate indietro, ma devono essere messe nelle condizioni di diventare motori di innovazione diffusa sul territorio.

La Prossima Frontiera della Leadership

Siamo a un bivio. Possiamo continuare a operare secondo un modello economico che considera la natura una risorsa infinita da sfruttare, esponendoci a rischi incalcolabili, o possiamo abbracciare una nuova visione. Una visione in cui la prosperità economica e la salute degli ecosistemi non sono in conflitto, ma si rafforzano a vicenda. 🌿

L’economia Nature-Positive non è un’opzione, ma il futuro. È un futuro definito da un quadro normativo sempre più stringente, richiesto a gran voce dalla finanza e desiderato dai consumatori. Per le imprese italiane, questa è l’occasione per dimostrare ancora una volta la propria capacità di innovare, di creare valore e di guidare il cambiamento. Andare oltre il Net-Zero e diventare attivamente rigeneratori di capitale naturale non è solo la cosa giusta da fare, ma la strategia più lungimirante per garantire competitività e resilienza in un mondo che cambia. La leadership del futuro non si misurerà solo sui profitti, ma sulla capacità di creare un impatto positivo duraturo per il pianeta e per la società.

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